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Amare se stessi: 5 modi per farlo ed essere felici – OK

Amare se stessi è importante?

Una famosa citazione di Oscar Wilde è “AMARE SE STESSI E’ L’INIZIO DI UN IDILLIO CHE DURA TUTTA LA VITA“.

Vi chiedo: come si può amare gli altri senza amare se stessi? Quindi amare se stessi è la via giusta verso una vita felice?
In fondo, se ci pensiamo, la persona con cui passiamo tutto il nostro tempo siamo NOI STESSI…24h su 24, 7 giorni su 7!
Spesso, però, la cura di sè viene confusa con l’egoismo e con la mancanza di interesse verso gli altri e il mondo circostante. Prendersi cura della propria salute psicofisica, invece, è un modo per raggiungere gli obiettivi. Ma non è così facile perchè le credenze e le convinzioni che abbiamo sulla nostra persona influenzano negativamente l’amor proprio.

Come si può amare se stessi?

  1. ESPRIMI SEMPRE CIO’ CHE PROVI
    Quando ti senti libero di esprimere ciò che stai provando, significa che accetti la parte più profonda di te stesso. Che sia un’emozione piacevole o spiacevole che provi con una persona, in una situazione o davanti ad un film in tv, è bellissimo liberarsi e manifestare ciò che si sente.
    In fondo anche le emozioni fanno parte di noi, perchè nascondere ciò che si prova?
    Non trattenerti e non vergognarti mai, apriti!
  2. RICONOSCI I TUOI SFORZI
    Ognuno si impegna in ciò che fa. Indipendentemente dal risultato, è importante riconoscere gli sforzi fatti e premiarsi per questo.
    Se poi si tratta di un obiettivo o un successo raggiunto, è ancora meglio!
  3. FAI CIO’ CHE TI PIACE E CREA BENESSERE
    Dedicare del tempo alle proprie passioni fa stare bene, fa apprezzare ciò che si fa e, inoltre, accresce la fiducia e la stima in se stessi.
    Aggiungi magari anche un pò di attività fisica, delle buone abitudini salutari e la cura del tuo corpo e…l’amore per se stessi e l’armonia con il mondo accresceranno!
  4. APPREZZATI ED AMATI
    Impara ad apprezzarti per ciò che sei, senza dare ascolto al tuo giudice interiore che ti critica. Nessuno è perfetto, giusto? Perchè dovresti esserlo proprio tu?
    Quindi inizia a riconoscere le tue qualità positive e, se non ci riesci da solo, fatti aiutare da chi ti vuole bene.
    Vedrai che ti accetterai molto di più, ti sentirai maggiormente sicuro di te e delle tue capacità.
  5. PERDONATI
    Errare è umano… Ma se rifletti sugli sbagli senza odiarti e perdonandoti, gli errori possono solo aiutarti a crescere e migliorare.
    Non condannarti, in fondo siamo anche il frutto delle nostre esperienze!

 

E ricorda Se non credi in te stesso, chi ci crederà?” (Kobe Bryant)

 

Serena Banci
Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale e Intervento Psicosociale

Rabbia e aggressività di mio figlio: come gestirla – OK

Introduzione

Molti di voi genitori spesso arrivate a chiedervi: “come posso gestire rabbia e aggressività di mio figlio?”.  Vi sentite, poi, esasperati e non efficaci nel vostro ruolo. Chiedete, così, aiuto solo quando la situazione peggiora.
Negli ultimi decenni c’è un aumento dei disturbi di comportamento nei bambini. Lo sviluppo di questi disturbi è influenzato da fattori caratteriali, familiari, genetici e neurobiologici.

Quali disturbi provocano rabbia e aggressività di mio figlio?

Tali disturbi sono detti “esternalizzanti” perchè i bambini dirigono all’esterno le loro emozioni critiche.
Essi sono:
disturbo oppositivo provocatorio, con difficoltà nel controllare la rabbia e tendenza a polemica e sfida;
disturbo della condotta, con comportamenti oppositivo-provocatori, condotte aggressive verso persone, animali e cose e violazione delle regole.
La distinzione tra i due disturbi non è semplice. Infatti, i sintomi e i fattori che incidono sul loro sviluppo (detti fattori di rischio) sono simili.
I due disturbi sono relativamente stabili. Peggiorano, inoltre, il funzionamento del minore a scuola, in famiglia e con gli altri.

Cosa posso fare come genitore?

Ecco alcuni suggerimenti:
non reagire alla sua rabbia con la rabbia;
non sentirti in colpa per il suo comportamento;
insegnagli che è normale provare rabbia;
aiutalo a capire come riconoscere la rabbia in se stesso;
dimostragli che comprendete ciò che sta provando e il motivo scatenante (ad esempio dicendo “ti vedo arrabbiato perchè …”);
renditi disponibile ad aiutarlo;
stimolatelo a descrivere cosa prova;
trovate insieme a lui dei modi per farlo calmare;
dategli fiducia nella sua ricerca della soluzione ai problemi;
stabilite insieme delle regole di comportamento.

L’efficacia della terapia cognitivo-comportamentale

Voi genitori non sempre potete farcela da soli. Spesso è importante farvi aiutare da specialisti, anche se questa richiesta arriva quando la situazione peggiora notevolmente.
Diversi studi sul trattamento di rabbia e aggressività hanno confermato l’efficacia della terapia cognitivo-comportamentale. E’ importante includere anche un intervento per i genitori.
Come agisce l’intervento cognitivo-comportamentale per la gestione di rabbia e aggressività?

  • insegna a riconoscere ciò che fa provare la rabbia
  • fa apprendere nuove strategie cognitive e comportamentali per controllare la rabbia e l’aggressività
  • promuove la capacità di mettersi nei panni dell’altro
  • insegna tecniche per controllare l’eccitazione fisiologica dovuta alla rabbia

Il Coping Power

Per ostacolare lo sviluppo di comportamenti di rabbia e aggressività è importante la prevenzione.
I trattamenti, inoltre, dovrebbero coinvolgere sia voi genitori che la scuola.
In Italia rimane, però, limitata la presa in carico anche dei genitori. Sicuramente ciò viene influenzato dalla cultura e da specifici modelli terapeutici.
A tal riguardo, Lochman con i suoi collaboratori ha sviluppato il programma cognitivo-comportamentale Coping Power. Questo programma prevede un intervento di gruppo sia sul bambino che sui genitori.
Ogni incontro prevede il raggiungimento di uno o più obiettivi che possono essere raggiunti anche in più di un incontro.

Il COPING POWER – BAMBINI

Ci sono attività per migliorare alcune capacità:

  • saper definire obiettivi a breve e a lungo termine
  • organizzare lo studio in modo efficace
  • riconoscere e modulare i segnali fisiologici della rabbia
  • riconoscere il punto di vista altrui
  • risolvere in modo adeguato le situazioni conflittuali
  • resistere alle pressioni dei pari ed entrare in contatto con gruppi sociali positivi

E’ fondamentale la collaborazione con gli insegnanti, perchè possono suggerire su quali comportamenti il bambino deve maggiormente lavorare e ne osserveranno i progressi.

Il COPING POWER – GENITORI

Esso ha le sue radici nel Parent Training, che prevede il COINVOLGIMENTO ATTIVO DELLA COPPIA GENITORIALE. E’ basato sul consolidamento di alcune abilità nella gestione educativa e affettiva con il proprio figlio:

  • organizzare e gestire i compiti scolastici
  • riconoscere e gestire lo stress
  • condurre un’adeguata analisi del comportamento del bambino
  • rinforzare i comportamenti positivi ed estinguere gradualmente i negativi
  • trasmettere le istruzioni in modo chiaro e concreto
  • definire chiare regole e aspettative e il loro monitoraggio nel tempo
  • gestire in modo equilibrato la disciplina e la punizione
  • preparare e pianificare le attività estive
  • costruire un sereno clima di coesione familiare
  • saper affrontare i momenti di conflitto
  • promuovere adeguate modalità di comunicazione familiare

Riappropriarsi del proprio tempo, anche se genitori

E’ comprensibile che voi genitori vi sentiate spesso disarmati e stanchi di fronte alle difficoltà. E’, inoltre, normale che la gran parte delle energie vengono usate per la gestione e la crescita dei figli.
Per riuscire al meglio, però, è importante anche RIAPPROPRIARSI DEL PROPRIO TEMPO.
Questo perchè si rischia di sentirsi sovraccarichi e a rischio di esplodere!
Come fare per dedicarsi del tempo?

  • Ordina le cose da fare
  • Ferma il tempo!
  • Fissa obiettivi realistici
  • Destreggiati tra i compiti
  • Monitora il livello delle energie
  • Dai ogni tanto la precedenza a te

Ricorda: “Questo è il nostro obbligo nei confronti del bambino: dargli un raggio di luce, e seguire il nostro cammino” (Maria Montessori)

 

Serena Banci
Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale e Intervento Psicosociale

Aggressività giovanile e violenza nei videogiochi e film

C’è ancora qualcuno che si interroga sul rapporto tra violenza nei media e aggressività e violenza giovanile. Di recente, la potente American Psychological Association (APA) ha promosso nel 2013 una nuova rianalisi delle ricerche sull’argomento, che si tradurrà in un documento atteso quest’anno.

Insinuare dei dubbi sul rapporto tra esposizione mediatica alla violenza ed aggressività nei giovani è molto sospetto. Dai risultati delle più recenti e complete rassegne e metanalisi di letteratura si conclude che ogni dubbio è stato fugato circa il rapporto tra violenza nei media (videogiochi compresi) e aggressività giovanile. Come afferma Craig A. Anderson: “exposure to violent video games is a causal risk factor for increased aggressive behavior, aggressive cognition, and aggressive affect and for decreased empathy and prosocial behavior.” L’esposizione attiva e passiva di soggetti in età evolutiva a comportamenti violenti mediata da schermi (video, TV, playstation, etc.) provoca un aumento dell’aggressività a breve termine, dell’accettazione della violenza a breve e a lungo termine, una riduzione delle capacità empatiche, ed un aumento del rischio di atti violenti ed aggressivi nelle età successive, compresi bullismo e cyberbullismo.

Per molti autori questo risultato è sufficiente per mettere una pietra tombale sui dubbi circa il rapporto tra esposizione ad atti violenza ed aggressività, come d’altra parte già previsto nelle teorie social-learning (vedi: Huesmann L. R. (2010) Nailing the Coffin Shut on Doubts That Violent Video Games Stimulate Aggression: Comment on Anderson et al. Psychological Bulletin, Vol. 136, (2):179 –181).

Anche le Associazioni dei pediatri universitari americani (PAS, Pediatric Academic Societies), riunitesi il 7 maggio di quest’anno a Vancouver, hanno concluso sull’argomento che: ‘violenza chiama violenza, anche quando all’aggressività si assiste attraverso lo schermo in un cinema, della tv o di un videogioco”.

Ovviamente, ci sono molte variabili moderanti nel senso di ridurre o amplificare questo rapporto, ma una lettura attenta e non ideologica dei risultati sperimentali porta ad una conclusione inequivoca: videogiochi e film violenti aumentano l’aggressività e la violenza nei ragazzi, con effetti anche a distanza di tempo. Basti leggere: Anderson C. et al. (2010) Violent Video Game Effects on Aggression, Empathy, and Prosocial Behavior in Eastern and Western Countries: A Meta-Analytic Review. Psychological Bulletin, Vol. 136, No. 2, 179 –181.

Anche in una nostra ricerca su alunni delle scuole di Roma (Studio “RAVAS”, di L. Sibilia e E. De Leonardis), di prossima pubblicazione, il rapporto è evidente ed è in linea con il modello teorico cognitivo-comportamentale: il comportamento violento è appreso, spesso precocemente nella vita del bambino, osservando le persone intorno ed osservando i personaggi nei film, videogiochi e TV. Inoltre, i media violenti e le esperienze di violenza agita virtualmente nei videogiochi aumentano i comportamenti spregevoli e possono provocare paura, sfiducia e incubi paurosi.

Come nel caso del fumo di tabacco, purtroppo, ci sono giganteschi interessi economici che tentano di nascondere questi effetti nocivi (il mercato dei videogiochi è miliardario); e di solito lo fanno insinuando nuovi dubbi. Non solo da parte dell’industria, ma anche di alcuni “esperti”, difensori dell’ipotesi della “necessità” dello sfogo ovvero dei benefici della “catarsi”, ipotesi che nasce dall’idea che tali comportamenti siano prodotti da una incontenibile quanto misteriosa energia interna.

Invece, il vero quesito che più conta a questo punto – a mio avviso – è il seguente: come ridurre l’esposizione dei giovani a contenuti violenti nei film e nei videogiochi ed impedire le esperienze positive di violenza virtuale nei videogiochi? Quali provvedimenti, politiche e normative possono aiutare a questo scopo?

Lucio Sibilia

La felicità umana

Il miglior discorso che abbia mai letto sulla felicità umana non è di uno psicologo, di uno psichiatra o di un romanziere, ma del Presidente dell’Uruguay: Josè Mujica. E’ il discorso che pronunciò l’anno scorso al Summit del G20, tenutosi a Rio de Janeiro. Mujica.
Curiosamente, sembra non aver trovato risonanza nei media: a malapena si riesce a trovare in rete una completa e decente traduzione inglese!
Eccolo in italiano:

“Un grazie particolare al popolo del Brasile, ed alla sua Signora Presidentessa, Dilma Rousseff. Grazie anche alla sincerità con la quale, sicuramente, si sono espressi tutti gli oratori che mi hanno preceduto. Come governanti, tutti manifestiamo la profonda volontà di favorire gli accordi che questa nostra povera umanità sia capace di sottoscrivere. Permettetemi, però, di pormi alcune domande a voce alta.

Per tutto il giorno si è parlato di sviluppo sostenibile e di affrancare, dalla povertà in cui vivono, immense masse di esseri umani. Ma cosa ci passa per la testa ?

Pensiamo all’attuale modello di sviluppo e di consumo delle società ricche?
Mi domando: che cosa succederebbe al nostro pianeta se anche gli indù avessero lo stesso numero di auto per famiglia che hanno i tedeschi? Quanto ossigeno ci resterebbe per respirare ?

Più chiaramente: il mondo ha le risorse materiali, oggi, per rendere possibile che 7 od 8 miliardi di persone possano sostenere lo stesso livello di consumo e di sperpero che hanno le opulente società occidentali?
Sarebbe possibile tutto ciò?
Oppure, un giorno, dovremmo affrontare tutt’altro tipo di dibattito?

Perché siamo stati noi a creare la civiltà nella quale viviamo: figlia del mercato, figlia della competizione, che ha portato uno sviluppo materiale portentoso ed esplosivo. Ma l’economia di mercato ha creato la società di mercato che ci ha rifilata questa globalizzazione.

Stiamo governando noi la globalizzazione oppure è la globalizzazione che governa noi ? E’ possibile parlare di fratellanza e dello stare tutti insieme, in un’economia basata su una competizione così spietata ?

Fino a dove arriva veramente la nostra solidarietà ? Non dico queste cose per negare l’importanza di quest’evento, al contrario. La sfida che abbiamo davanti è di una portata colossale, e la grande crisi non è ecologica, ma è politica!

L’uomo non governa oggi le forze che ha sprigionato, ma sono queste forze che governano l’uomo … ed anche la nostra vita! Perché noi non siamo nati solo per svilupparci. Siamo nati per essere felici. Perché la nostra vita è breve e passa in fretta. E nessun bene vale come la vita, questo è elementare.

Ma se la vita ci scappa via, lavorando e lavorando per consumare di più, il vero motore del vivere è la società consumistica, perché, di fatto, se si arresta il consumo, si ferma l’economia, e se si ferma l’economia, spunta il fantasma del ristagno per tutti noi. E’ il consumismo che sta aggredendo il pianeta.

Per alimentare questo consumismo, si producono cose che durano poco, perché bisogna vendere tanto. Una lampadina elettrica non deve durare più di 1000 ore, però esistono lampadine che possono durare anche 100 mila o 200 mila ore! Ma questo non lo si può fare perché il problema è il mercato, perché dobbiamo lavorare e dobbiamo sostenere la civiltà dell’usa e getta, e così restiamo imprigionati in un circolo vizioso. Questi sono i veri problemi politici che ci esortano ad incominciare a lottare per un’altra cultura.

Non si tratta di immaginare il ritorno all’uomo delle caverne, né di erigere un monumento all’arretratezza. Però non possiamo continuare, indefinitamente, a lasciarci governare dal mercato, dobbiamo cominciare ad essere noi a governare il mercato. Per questo dico, con il mio modesto pensiero, che il problema che abbiamo davanti è di carattere politico.

I vecchi pensatori, Epicuro, Seneca o finanche gli Aymara, dicevano: “povero non è colui che ha poco, ma colui che necessita tanto e desidera sempre di più e di più”. Questa è una chiave di carattere culturale. Per questo saluterò di buon grado gli sforzi e gli accordi che si faranno, e come governante li sosterrò. So che alcune cose che sto dicendo, possono urtare.

Ma dobbiamo capire che la crisi dell’acqua e del clima non è la causa. La causa è il modello di civiltà che abbiamo messo in piedi. Quello che dobbiamo cambiare è il nostro modo di vivere!

Appartengo a un piccolo paese, dotato di molte risorse naturali. Nel mio paese ci sono poco più di 3 milioni di abitanti. Ma ci sono anche 13 milioni di vacche, tra le migliori al mondo, e circa 8 o 10 milioni di meravigliose pecore. Il mio paese è un esportatore di cibo, di latticini, di carne. E’ una pianura e quasi il 90% del suo territorio è sfruttabile. I miei compagni lavoratori, hanno lottato molto per ottenere le 8 ore di lavoro.
Ora hanno conseguite le 6 ore lavorative.

Ma quello che lavora 6 ore, poi cerca il secondo lavoro, per cui lavora più di prima. Perché? Ma perché deve pagare una quantità enorme di rate: la moto, l’auto, e paga una rata ed un’altra e un’altra ancora, e quando decide di riposare… è oramai un vecchio reumatico, come me, e la vita gli è volata via.

E allora uno si deve porre una domanda: è questo lo scopo della vita umana? Queste cose che dico sono molto elementari: lo sviluppo non può essere contrario alla felicità. Lo sviluppo deve favorire la felicità umana, l’amore per la terra, le relazioni umane, la cura dei figli, l’avere amici, l’avere il giusto, l’elementare.

Perché il tesoro più importante che abbiamo è la felicità! Quando lottiamo per migliorare l’ambiente, dobbiamo ricordare che il primo elemento dell’ambiente si chiama felicità umana!

Grazie !”

Lucio Sibilia

[Modificato, da: http://www.venceremos.it/2012/12/29/il-miglior-discorso-del-mondo-di-jose-mujica-presidente-delluruguay/]